Vaccini e pandemia. E' verosimile che in estate raggiungeremo l'immunità di gregge?

di M.L 24/03/2021 SCIENZA E TECNOLOGIA
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Da quando il mondo ha dovuto affrontare l’epidemia da Covid 19 si è subito cominciato a parlare di una questione che solitamente ha a che fare con tutte le pandemie. Si tratta della cosiddetta immunità di gregge. Con questo termine si intende l’immunità di gruppo o immunità di branco, ovvero la capacità di un gruppo di resistere all’attacco di un’infezione, verso la quale una grande proporzione dei membri del gruppo è immune. E’ bene specificare che si tratta di una forma di protezione indiretta che si verifica quando una parte statisticamente rilevante di una popolazione – o di un allevamento nel caso delle specie animali - ha sviluppato anticorpi specifici verso un agente infettivo (sia anticorpi sviluppati in seguito a superamento della malattia sia dopo una vaccinazione): la presenza di anticorpi sviluppati direttamente in un’alta parte della popolazione finisce con il fornire una tutela anche agli individui che non hanno sviluppato direttamente l’immunità.

E’ dunque da ormai almeno un anno che questo tema è salito agli onori delle cronache e che rapidamente, e spesso superficialmente, è stato chiamato in causa nel prospettare una possibile via d’uscita dalla grave crisi sanitaria che attanaglia le nazioni.

A tal proposito molte sono state le dichiarazioni di influenti esponenti politici e leader che si sono sbilanciati nel volere indicare addirittura possibili date in cui si sarebbe raggiunta tale soglia “salvifica”. Previsioni che da quando è cominciata la campagna vaccinale negli Stati Uniti, in Cina e in Europa si sono accavallate con incalzante regolarità.

Addirittura, Thierry Breton, commissario europeo per il mercato interno, incaricato per la campagna di vaccinazione, si è recentemente sbilanciato affermando che il 14 luglio sarà il giorno fatidico per il continente in tema di raggiungimento di “immunità di gregge”. “Oggi abbiamo chiaramente la capacità di consegnare 300-350 milioni di dosi per la fine di giugno. Abbiamo la possibilità di arrivare all'immunità di gregge per il continente per il 14 luglio”.

In Italia tecnici e scienziati hanno più prudentemente parlato di “protezione di gregge” come nel caso dell’ex viceministro e oggi Sottosegretario alla Sanità Pierpaolo Sileri che ha riferito sul tema: “Più che di immunità di gregge io parlerei di protezione di gregge, avendo ricevuto la prima dose forse il 70%, 80% degli europei, è verosimile che raggiungeremo questo obiettivo a luglio”. La vaccinazione - ha aggiunto in una recente intervista a Rtl 102.5 - sta andando per età e per fragilità. Inizialmente si è creato un doppio binario: un vaccino dedicato agli anziani e uno dedicato a chi sta bene ed è giovane, ma questo è superato perché AstraZeneca viene usato per età superiori e per chi sta bene e quindi - chiarisce il sottosegretario - non ci sono più le categorie di lavoratori, si va secondo delle categorie che vedono l'età come primo fattore insieme alla malattia”. Il professore Massimo Galli, infettivologo dell’ospedale Sacco e dell’università Statale di Milano, ha detto invece che “i vaccini anti Covid attualmente disponibili sono basati sul virus selvaggio del gennaio-marzo scorso, non su quello che circola ora. Tanto è vero che oggi è fondamentale vaccinare per evitare che chi incontra il virus sviluppi una malattia seria, perché la certezza che il vaccino eviti completamente l'infezione non ce l’abbiamo. Siamo da questo punto di vista purtroppo lontani dall'idea del vaccino da utilizzarsi per lo sviluppo dell’immunità di gregge”.

E molte altre dichiarazioni potrebbero essere prese come spunto per cercare di delineare un quadro ampio circa il tema dell’immunità dall’attuale pandemia. Eppure approfondendo la questione, cercando in rete i riferimenti delle ricerche in atto, o quelle già pubblicate ci si rende conto che la cosa è molto più complessa e ambigua di come talvolta si ascolta nei talk show o nelle conferenze stampa.

 

Vediamo i punti salienti circa il rapporto Immunità di gregge e pandemia-

Prima di tutto, poiché ci troviamo ancora in una fase iniziale della campagna vaccinale la comunità scientifica appare concorde nel sostenere che non è ancora possibile stabilire se i vaccini anti-covid offrano un’efficacia sterilizzante, ossia se oltre a impedire il contagio sintomatico blocchino anche quello asintomatico. Se non ci riuscissero, i vaccinati potrebbero trasmettere in modo inconsapevole il virus ai non vaccinati. Dai vaccini a mRNA di Pfizer e Moderna arrivano segnali incoraggianti, ma è troppo presto per trarre conclusioni. In pratica l’immunità di gregge è raggiungibile soltanto con un vaccino che blocchi anche la trasmissione, se non completamente, almeno in larga parte (il 70% sarebbe già un dato notevole, come spiegato in un articolo su Nature). Inoltre i vaccinati da quanto si evince almeno per il 2021 non saranno distribuiti in modo equo e regolare. Ci saranno nazioni con altissime percentuali di popolazione vaccinata, e altre con bassissima; una situazione resa ancora più delicata dal fatto che le varianti del virus si diffondono in modo non facilmente prevedibile. Ci sono già oggi nazioni in cui la cosiddetta “variante inglese” è prevalente, altre in cui non è ancora arrivata. E se in futuro ci saranno nuove varianti saranno molti i nuovi punti interrogativi da affrontare.

In un articolo pubblicato sull’autorevole rivista Nature si sottolinea oltretutto come la vera efficacia contro le epidemie influenzali endemiche si ottiene oltre che con i vaccini anche con farmaci che riescono a ridurre drasticamente le conseguenze negative dei virus. Farmaci che siano in grado di agire rapidamente contro le principali varianti di un virus che si diffonde e muta rapidamente nella sua circolazione globale. Non andranno sottovalutate le varianti emergenti come quelle dotate di mutazioni in grado di aggirare gli anticorpi neutralizzanti, sia quelli di una precedente infezione naturale che quelli del vaccino. Le varianti sudafricana e brasiliana presentano una mutazione sulla proteina S o Spike chiamata E484K che sembra garantire al coronavirus proprio una certa capacità elusiva.

C’è un grande punto interrogativo a cui al momento nessuna ricerca sembra avere dato una risposta univoca e definitiva. Quanto dura l’immunità, sia quella offerta dall’infezione naturale che quella garantita dai vaccini? Nel primo caso si ritiene che sia di almeno 6-8 mesi, nel secondo sicuramente qualcosa in più, ma non ci sono ancora dati sufficienti per poter avere una stima precisa. Secondo l’AIFA, sulla base delle informazioni legate ad altri coronavirus, essa potrebbe essere di 9-12 mesi. Qualunque sia questa durata, è molto probabile che le persone vaccinate in questa primissima fase della pandemia dovranno ricevere in futuro nuove dosi. Vaccinare tutti e il più velocemente possibile è dunque l'unico modo per ottenere il miglior risultato possibile.

Infine, c’è una questione che possiamo definire metaforicamente la “variante umana”: ossia il cambiamento nei nostri comportamenti dopo aver ricevuto il vaccino. Dopo un periodo così lungo di restrizioni e isolamento ci si potrebbe sentire così protetti dal vaccino e desiderosi di tornare alla normalità da incontrare grandi numeri di persone, magari senza mascherine e distanziamento sociale, che come specificato dagli esperti sono fondamentali anche dopo la vaccinazione. Poiché come indicato i vaccinati potrebbero ancora diffondere il virus, in una comunità non totalmente immunizzata taluni comportamenti  potrebbero avere effetti molto pericolosi sulla trasmissione.

Su questo punto basti riflettere ad esempio sull’influenza stagionale che quest’anno è praticamente scomparsa in quanto si stima che circa un terzo della popolazione mondiale si sia vaccinata, un altro terzo poteva risultare immunizzata da precedenti infezioni. Le restrizioni anti COVID hanno fatto il resto. I dati sulla bassissima diffusione di questa influenza dimostrano che i comportamenti delle persone possono fare una differenza notevole nella diffusione di una malattia respiratoria.

 

 


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